Linee Luminose.. "ingannevoli".

INIZIO REVISIONE, IN DATA: 15/10/16.
FINE REVISIONE, IN DATA: .../.../16.
(1 Rev. by, "TheRaffa70B")
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IN ATTESA, DI 2a REVISIONE
(WORK, IN PROGRESS)

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Capitolo Sei

IN VIAGGIO "SOPRA" LA TERRA...
ATTRAVERSANDO: LINGANNEVOLE STRADA LUMINOSA, CELESTE..
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La Lente: è la "Colpevole";
L'illusione.. il "Crimine".
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La Fig. 6 [Vedi: "Errata Corrige" -NdR] è prodotta dall'originale del 1930 realizzato dagli editori scientifici di stampa di New York City. Si intende mostrare l’inganno delle lenti sperimentato in tutte le osservazioni della superficie del cielo esterno luminoso della Terra, dall’oscurità della stratosfera e da altre regioni territoriali dell’Universo. Si intende anche indicare gli inganni delle lenti risultanti dall’osservazione telescopica delle aree luminose celesti. Se il disegno è stato fatto prima di qualunque altra conferma fotografica dell’ascesa in stratosfera del volo del razzo, può ora essere visto come realtà, per via della conferma fotografica del volo del missile V-2 nell’Ottobre 1946.
1- La regione, come indicato al centro del disegno, rappresenta l’abituale location nella nostra osservazione del familiare cielo blu di New York City e Chicago.  Guardando in alto o fuori, da tali posizioni – o fra qualsiasi altra posizione della Terra – osserviamo il cielo blu di varie profondità, o densità, di volta in volta e da luogo a luogo.

2- Le curve nitide orizzontali non sono mai state sperimentate con tali angoli acuti. La brusca interruzione dell’orizzonte  qui è necessaria per completare l’illustrazione. Impone linee di demarcazione fra le varie comunità del territorio. Quelle esterne sono state osservate solo dalla oscurità della stratosfera e da altre regioni dell’Universo.

3- La regione nel mezzo rappresenta la distanza da sette a dieci miglia fra la terra e il cielo blu. La distanza varia oltre la Terra, e oltre l’Universo intero. Gli abitanti di altre regioni dell’Universo non possono vedere nient’altro cielo blu che il loro proprio. Non possono vedere il nostro immediato cielo blu, ma vedono la superficie del nostro cielo esterno come noi vediamo quella del loro cielo esterno. La notte, vedono la superficie esterna del nostro cielo esterno ed ogni area di cielo, come qui raffigurato, luminosa e ingannevolmente globulare. Quindi l’ingannevole globularità impone l’apparenza dell’ isolamento. Di conseguenza, la nostra area terrestre appare agli altri abitanti dell’Universo come le stesse “stelle” e “pianeti” isolati, come le loro regioni appaiono alla nostra osservazione. I nostri cieli fanno i loro “Cieli in Alto” come il loro cielo fanno i nostri “Cieli in Alto”.

4- La zona scura dell’illustrazione sopra il cielo rappresenta la stratosfera, che si estende indefinitamente. Come essa invade zone di cielo terrestri, allo stesso modo esiste oltre tutte le altre zone di cielo dell’Universo.

5- Le zone luminose e il simil-disco del cielo esterno mostrano come il cielo blu gassoso dell’osservazione del territorio terrestre, diventi luminoso contro la stratosfera buia. L’obiettivo che rileva tali regioni luminose, che noi sappiamo non essere definitivamente globulari e isolate, è costretto dalla sua funzione a creare le curve che producono le aree del disco luminoso come illustrato. Ogni area del disco, come spiegato in precedenza, imporre per forza quella ulteriore illusione del corpo. I “corpi” celesti dell’astronomia sono precisamente ciò che l’illustrazione descrive.

Quindi da una certa distanza vediamo le zone luminose del simil-disco come vere superfici di disco. Allo stesso modo osserviamo superfici di aree celesti luminose, le così dette “stelle” e “pianeti” della deduzione astronomica. E gli abitanti delle regioni di territori celesti vedono aree luminose del nostro cielo precisamente alla stessa maniera in cui noi osserviamo le aree luminose del loro cielo. Il fatto, di condividere.. la nostra stessa "illusione" [ottica, dataci:] dalla "Lente del Cristallino" [dell'Occhio Umano] ([quasi sicuramente:] possono farlo) fa in modo [molto probabilmente], di privarci... [così: di "innumerevoli possibilità"] di un viaggio "fisico" [reale], in quelle loro.. [lontane] terre... [E, viceversa].

Dal momento che il disegno non potrebbe avere senso se si fossero mostrati i dischi completi, esso ritrae solo metà dei dischi, o una serie di archi luminosi. Quello è tutto ciò che in realtà si richiedeva, in quanto quello solo è ciò che i più potenti telescopi sono in grado di rilevare attraverso l’Universo. Se le zone più basse dei cieli blu dell’illustrazione fossero state oscurate, come se si tenesse l’illustrazione alla lunghezza del braccio e la si osservasse dall’alto della pagina, si discernerebbe che ogni area mostrata appare come un disco dalla osservazione  a distanza. Come spiegato in precedenza, quando viene rilevata quell’area a disco formata dall’inganno dell’obiettivo, la mente automaticamente sostituisce la pienezza che completa il disco e ne impone la delusione di un “corpo a globo”. Ogni area di cielo esterno luminoso della Terra e dell’Universo, attraverso la funzione delle lenti e solo in tal modo, dev’essere rilevata come un’area simile al disco presentato nell’illustrazione, e viene poi assunta come un globo, e il globo illusorio deve apparire isolato.

Si dovrebbe capire che ogni arco luminoso, o regione del cielo simile a un disco come illustrato, possieda larghezza come pure lunghezza. Dato che ci sono nove zone di cielo luminose nella distanza, o lunghezza, della stratosfera da New York City a Chicago, ogni area dovrebbe essere considerata approssimativamente di centoundici miglia di diametro, per fare le circa mille miglia fra New York City e Chicago. Si può considerare che nella macchina del volo che stava fotografando quella rotta di cielo, ci sia stato un obiettivo sufficientemente potente da abbracciare un territorio ampio centoundici miglia. Di conseguenza, in questo viaggio particolare nella stratosfera di Chicago che si estende in direzione nord - nord ovest, sarebbero state fotografate nove “corpi” luminosi, globulari e isolati, nella rotta diretta. E le foto fatte ad un angolo della rotta di volo mostrerebbero numerosi altri “corpi” luminosi rotondi e isolati, il loro numero dipende dall’altitudine nella stratosfera e dal potere delle lenti della fotocamera, più l’angolo fotografico. L’intensità del contenuto gassoso del cielo prevalente al tempo delle foto, influenzerebbe altrettanto il numero di “corpi” rilevati dall’obiettivo della fotocamera.

L'arrangiamento del gruppo in fig 4 è inteso per trasmettere come ogni luminosa regione di cielo terrestre apparirebbe; ma tale necessario raggruppamento illustrativo di regioni di cielo, non permette alle aree di essere separate, o isolate, come appariranno dall’osservazione distante. Si deve comprendere che, quando è osservata individualmente, la curvatura discendente luminosa di ogni area di cielo raffigurata, causa ingannevolmente che essa appaia separata e isolata come una unità distinta, o “corpo”. Nessun obiettivo può rilevare e registrare più di una delle aree del disco luminoso in una data volta. Quella caratteristica, come mostrato in precedenza, fu provata dalla fotocamera del missile dell’ U.S. Navy nelle aree di cielo terrestre luminoso sopra White Sands, New Mexico e il territorio adiacente.

Mentre è in corso l’esperimento fotografico dell’illustrazione da migliaia di miglia, da New York City a Chicago, possono essere in corso altri esperimenti simili in corrispondenti aree da mille miglia, sopra il cielo, nella stratosfera da Los Angeles e da Montreal, Londra, Berlino, Mosca e Roma. Procurerebbero tutti delle foto identiche sopra le loro rispettive aree di cielo luminoso. Sopra differenti zone di cielo, in alcune foto potrebbe  esserci variazione nella qualità e nella quantità di ombreggiatura e distorsione della luce. Se le fotocamere delle diverse spedizioni fotografiche possiedono obiettivi di potenze varie, ciò si tradurrebbe con la presenza di regioni di cielo terrestre a “globo” più o meno luminose e isolate,  fotografate su diversi percorsi. Comunque, se si utilizza la stessa potenza delle lenti in tutte le fotocamere su tutti i percorsi e se viene mantenuta la stessa altitudine , i risultati fotografici saranno approssimativamente gli stessi.

La qualificazione, approssimativa, è allo scopo perché le condizioni prevalenti al momento delle foto nelle zone da alcune migliaia di miglia, varierebbero con le condizioni prevalenti altrove e con quelle dell’area da migliaia di miglia dalla quale lo standard numerico è stato sviluppato. La condizione gassosa delle varie regioni di cielo luminoso potrebbe influenzare la rilevazione o mitigare contro la possibilità di rilevare una certa area di cielo. Anche l’angolo fotografico contribuirebbe al risultato numerico.

Quindi, a questo punto si deve aver acquisito qualche vago concetto dell’ingannevole isolato Universo, che le nostre zone di cielo esterno luminoso presentano a tutte le osservazioni al di là della Terra. Bisogna considerare brevemente il numero di luminosi “globi” isolati che sono stati rilevati oltre a una singola area di migliaia di miglia dell’intera superficie luminosa del cielo esterno della Terra. Naturalmente, si può prevedere che il numero di “globi” isolati rilevati vari a seconda della potenza delle lenti, limitando gli angoli della messa a fuoco dell'obiettivo, e le condizioni esistenti nelle varie aree di cielo terrestre. In quest’ultima considerazione, gli elementi atmosferici e il contenuto gassoso del cielo e l’espressione ne sarebbero i fattori.

E’ ragionevole assumere che una lente con maggiore potenza abbraccerà una più ampia area di cielo terrestre che una lente più debole. Ma la lente più potente non può rilevare così tanti “globi isolati” oltre una ristretta area a causa del fatto che, prendendo un’area maggiore, ci sarà una sovrapposizione del maggior numero di aree da rilevare dalla lente più debole.

Dove la lente più debole deve mostrare  venti o più aree isolate di cielo in un centinaio di miglia di superficie, la più forte ne rileva solo dieci o dodici, o anche meno.

Comunque, i numeri qui usati sono insignificanti per il confronto. Nessuna precisione numerica è destinata o richiesta. Lo scopo più ampio e primario dell’illustrazione del 1930 era esprimere che tutte le osservazioni astronomiche delle così dette  regioni stellari sono prodotti dell’inevitabile inganno delle lenti che dev’essere duplicato in ogni dettaglio nell’osservazione telescopica e fotografica della superficie delle aree luminose esterne del cielo della Terra. La realizzazione   degli inganni delle lenti nel cielo, oltre il cantiere alle nostre spalle, prova eloquentemente quelle osservazioni telescopiche dell’affare celeste, solo con la superficie delle aree celesti non arrotondate e connesse. Ed è il concetto individuale che dona erroneamente lo stato di “globo” alla superficie dell’area di cielo celeste dopo che il rilevamento dell’obiettivo ha fornito l’area con l’apparenza di un disco.

Ci dovrebbe essere grande bisogno di sottolineare questo fattore dopo trecento anni di astronomia matematica che, nel rilevare qualcosa e far congetture su altre superfici di aree luminose del cielo celeste, ha sviluppato il dictum straordinario che l’area del disco prodotta dalle lenti è in realtà il “globo” che il concetto porta. Per evitare la possibilità di fraintendere questa caratteristica fondamentale che ha a che fare con l’illusione e la delusione, dev’essere ulteriormente chiarito quanto segue:  Il “globo” irreale figlio dell’irreale disco ( in quanto solo le lenti ne sono responsabili) è astronomicamente stabilito come entità fittizia nel mondo delle cose. Non è stupefacente?

Fortunatamente, la corrente fotocamera del missile dell’area di cielo esterno terrestre, rende possibile, per la prima volta nella storia, controllarlo e confrontare delle osservazioni astronomiche. Quel controllo e confronto è stato negato all’osservazione astronomica per molti secoli. Ed è stata negata agli assistenti astronomici ingaggiati, anche l’analisi della fotografia telescopica e l’analisi spettroscopica. Comunque, ora è stata provata la completa fantasia dei globi isolati o sfere “che girano o fanno ellissi nello spazio”.

Anche se l’opportunità senza precedenti per controllare e confrontare le condizioni desunte del ritrovamento celeste con le effettive condizioni di quello terrestre è ora disponibile all’astronomia, è discutibile se la fratellanza astronomica ne trarrà vantaggio. “Vediamo solo quello che vogliamo vedere. E non crediamo a niente di più che a quel che vogliamo credere”. Quindi, le osservazioni adescate sono tanto dubbie che spie. Tuttavia, se tali osservazioni devono essere conosciute per essere così inaffidabili,  esse sono considerate compagne perché sembra essere la cosa più facile. Rigettarle imporrebbe uno sforzo e una responsabilità.

Da quando le foto della fotocamera del missile hanno stabilito che gli inganni della funzione delle lenti sono inevitabili, ne consegue che, una volta che il ritrovamento telescopico è accettato al suo valore nominale,  dei robots che deducono al posto di astronomi umani, devono così controllare i ritrovamenti degli obiettivi. Ciò che gli astronomi devono interpretare delle lastre telescopico-fotografiche diventa interamente irrilevante, se l’errore delle lenti riprodotto sulle lastre è stato accettato come fatto. Ahimè, gli astronomi sembrano essere dolorosamente riluttanti  ad ammettere che quella prova dell’errore è a portata di mano.

E’ pertinente spiegare che l’identica variazione dello spettro dell’analisi celeste, si troverà applicata alla superficie dell’area di cielo esterno della Terra. Ne deriverà la stessa interpretazione errata dei valori. E con la realizzazione dei valori di fatto delle aree di cielo terrestre, dovrebbe diventare manifesta l’interpretazione errata dei valori celesti.

Anche se le aree di cielo terrestre sono conosciute per essere continue e conservanti il posto loro assegnato nella struttura dell’Universo, al loro ondeggiare o fluttuare all’interno dell’area cosmica nella loro costruzione e posizionamento originali, saranno accreditati gli stessi fantastici movimenti astronomicamente prescritti per le così dette “stelle” e “pianeti” delle aree celesti del cielo. Quando  le aree di cielo terrestri sono analizzate dalla stessa distanza e con la stessa attrezzatura astronomica, il loro contenuto gassoso e il movimento produrranno tutto quello che il gas del cielo celeste produce per l’analisi dello spettro degli astronomi terrestri. Comunque, dal nostro osservatorio celeste, non ci sogneremmo mai di interpretare le registrazioni dello spettro come gli astronomi ora interpretano le registrazioni dalle aree di cielo celeste. Con la conoscenza del nostro cielo terrestre ne sapremmo di più. In tal modo, tornando all’illustrazione delle illusioni della luce del cielo terrestre, nel percorso di migliaia di miglia, troviamo che il viaggio nella stratosfera da New York City a Chicago ad una altitudine di un centinaio di miglia o più, deve sviluppare le seguenti conclusioni fotografiche  e di osservazione:

L’ingannevole globularità e l’isolamento delle aree di cielo  richiederebbe di  vedere i “pianeti” di New York City. Poi allo scopo designato, si dovrebbe vedere la “stella” dell’Albania e i “pianeti” o “stelle“ di Utica, Syracuse, Rochester e Buffalo. Poi ad un angolo dalla linea principale dell’osservazione perpendicolare sopra le città dello stato di New York, dovrebbero essere state osservate la “stella” di Erie, Pennsylvania. Continuando il percorso verso Chicago ci sarebbero i “pianeti” di Cleveland e Detroit.

Altra vaga “stella” sparsa sarebbe osservabile in tutte le direzioni lontane dal corso diretto, essendo fotografata sulla perpendicolare. Ogni area da migliaia di miglia del cielo terrestre luminoso presenterebbe la stessa apparenza ingannevole. E le aree di cielo mostrerebbero corrispondenti variazioni di luminosità del cielo celeste dovute alle variazione del contenuto chimico e dell’attività gassosa delle rispettive aree del cielo terrestre. (Anche se questo può essere ripetitivo, si dovrebbe qui spiegare  che la variazione della profondità del familiare cielo blu, o bluastro, osservabile di volta in volta e da posto a posto allo stesso tempo, aziona la variazione della luminosità del cielo esterno.)

La seguente caratteristica fa anche da agente per le illusioni della registrazione sviluppate dalle lenti. Le aree di cielo torride equatoriali e le ghiacciate Artiche e Antartiche, avrebbero mostrato possedere marcate differenze nella profondità della loro luminosità, quando comparate con la luminosità del cielo delle Zone Temperate. Ciò significherebbe molto poco se l’intero Universo contiene una zona torrida e due ghiacciate come ora sappiamo sia a livello terrestre. Comunque, le zone del terrestre sono duplicate più e più volte ancora attraverso l’intero Universo. Questo fattore influenza la differenza nelle onde luminose e colorate registrate dalle regioni di cielo luminose del celeste che sono altrimenti della stessa composizione. Differenze corrispondenti per ragioni corrispondenti , mostrerebbero svilupparsi dalle aree di cielo terrestre.

Abbiamo incrementato l’altitudine dal centinaio miglia a cinquemila miglia e l’area di cielo del percorso dell’illustrazione da New York City a Chicago, sarebbe apparso da lontano come un ampio strato di “stelle”. Poi, una volta aggiustato il nostro telescopio ad un angolo adatto per l’osservazione del territorio del cielo nordorientale di New York City, sarebbe stata rilevata l’area delle “stelle” del Connecticut, Rhode Island e Massachussetts. Il numero di “stelle”, “ammassi stellari” e “doppie stelle” che sono state rilevate oltre quell’area di cielo dipenderebbe dalla potenza delle lenti e altre condizioni descritte in precedenza.

L’estensione della nostra ricerca nella stratosfera per le “stelle” del cielo terrestre potrebbe continuare oltre l’Oceano Atlantico al di là di Boston. Le “stelle” rilevate in tali punti rappresenterebbero il bordo dell’area terrestre delle “stelle” rilevate prima a New York City. E il rilevamento delle “stelle” non sarebbe limitato all’area esterna diretta. In quanto abbracciato all’area da New York City a Boston in una direzione esterna, abbraccerebbe anche un’ampia zona in una direzione verso nord al confine Canadese e verso sud al Golfo del Messico.

Sotto l’osservazione telescopica alcune aree del cielo sarebbero diventate più vaghe, mentre altre della stessa area sarebbero più luminose. Le più luminose potrebbero apparire al bordo dell’Oceano Atlantico, e le più vaghe potrebbero essere rilevate nelle vicinanze del Connecticut. Altre aree di luce del cielo apparirebbero così vaghe da far sì che per la determinazione, nessuna luminosità del cielo, e perciò nessun cielo, esista in tali punti. Il rilevamento della luminosità del cielo, celeste e terrestre,  non dipende esclusivamente nella distanza dal punto di osservazione.

Nord, Est, Sud ed Est, la nostra luce terrestre riprodurrebbe ciò che è presentato dalla luce celeste.

L’estensione della nostra visuale dei “Cieli in alto” della Terra, dipenderebbe nell’angolo di osservazione nella stratosfera, la potenza delle lenti di rilevamento, e le condizioni gassose delle aree più remote del cielo al momento dell’osservazione. Ad altitudini fra un migliaio e le cinque migliaia di miglia nella stratosfera, le lenti telescopiche più potenti registrerebbero altrettanto tutte le grottesche entità attualmente registrate della superficie delle aree di cielo esterno luminoso sopra il territorio di altre parti dell’Universo. Tali registrazioni sarebbero di aree di cielo sopra il conosciuto territorio di New York, del Connecticut, Rhode Island, e Massachussetts, così come sopra l’acqua dell’Oceano Atlantico. Quindi sarebbero in fretta determinate come la condizione illusoria considerata essere reale quando le stesse entità erano osservate oltre i territori delle zone celesti.

La “Testa di cavallo nella grande Nebulosa in Orione” registrata astronomicamente e “la nebulosa a spirale nel Cigno” sarebbero riprodotte in certe aree di cielo terrestre dove il gioco del gas del cielo più l’ingrandimento delle lenti, svilupperebbero tali formazioni gassose. E se la distorsione della luce apparente come una forma scura nell’area di cielo terrestre non era definita come ”La Testa di Cavallo” nella luce del cielo celeste dell’astronomica Orione, sarebbe stata ben presto designata a qualcos’altro relativo all’anatomia del cavallo. Tale designazione non oscurerebbe il fatto che essa non sia nient’altro che la distorsione della luce del cielo.

Ciò che si applica alla formazione scura nell’area luminosa di cielo, si applica altrettanto alla formazione bianca nell’astronomica “nebulosa del Cigno”. Il velo bianco simile a ectoplasma, o film, dell’area di cielo luminosa del Cigno, sarà duplicata nella luce del cielo terrestre. Può essere trovato svilupparsi nella luce del cielo che fanno le “stelle” di Portland, Old Orchard e Kennebunk, Maine. O potrebbe essere ben presto osservato nella luce del cielo terrestre della “stella” di Kalamazoo nel Michigan. Quella condizione gassosa del cielo che all’astronomia piace descrivere come la “nebulosa del Cigno” è già stata fotografata nel cielo luminoso terrestre sopra White Sands nel New Mexico.  E potrebbe essere riprodotta in altrettante zone del cielo terrestre in condizioni favorevoli alla sua formazione.

Un'altra osservazione interessante dal regno dell’aureola della deduzione astronomica, è quella che si  occupa della “nebulosa M-31 in Andromeda”. Anche se è stata convenientemente matematizzata  trecentocinquanta milioni di volte il peso del Sole, può essere presto dissipata sotto l’ingrandimento delle lenti. Questo esprime il massimo dell’astrazione nell’applicazione della matematica astratta. Nonostante il peso stimato, una lente telescopica può dissipare la così detta formazione a “nebulosa”. Le lenti non possono penetrare attraverso la densità gassosa nel territorio sottostante.

La profondità dell’astrazione diventa evidente quando eventualmente si realizza che non può esserci una stima per la massa del Sole. E ogni peso stimato è assurdo.  Anche se si adatta all’Universo dell’illusione, non può trovare applicazione nell’Universo della realtà. E’ comparabile a una stima riguardante la nascita e la discendenza di Dio. Non c'è bisogno di grande capacità concettuale nel tentativo disperato di determinare il significato di quella  cifra di trecentocinquanta milioni di volte il peso del Sole.

Indipendentemente da come interessi vedere l’applicazione della matematica astratta e il reale significato della così detta “nebulosa”, il fatto fondamentale rimane che nessun movimento di gas nel cielo, apparente o reale, ha alcuna incidenza su qualunque terra realistica connessa, esistente sotto tutte le aree di cielo. Per ragioni abbondantemente divulgate, le aree del cielo devono essere considerate isolate. L'arte dell’astronomia, anche se impotente a penetrare l’involucro gassoso del cielo celeste, indipendentemente da quale possa essere la sua densità, è limitata all’osservazione e all’analisi delle aree di cielo luminose ed al movimento dei loro gas. E il fallimento dell’ astronomia nel garantire che la "nebulosa" sia un aspetto del moto del gas del cielo, favorisce l’errata interpretazione lorda dei valori cosmici.

La sperimentazione prova che nell’osservazione della luce e delle aree luminose si creeranno a volte grottesche creazioni. Altre volte le formazioni saranno dissipate. Dipende considerevolmente dall’angolo di osservazione, dal movimento gassoso dell’area luminosa al momento dell’osservazione e dal grado di ingrandimento della luce o area luminosa.

Le osservazioni microscopiche esprimono chiaramente queste caratteristiche, anche se al microscopio esiste una possibilità di errore che è infinitesimale  a confronto alle possibilità illimitate  del telescopio. Le osservazioni di un campo microscopico stabiliscono che troppo ingrandimento dell’esemplare in campo causerà che sia oscurato, mentre una diversa quantità di luce lo distorcerà.

Quindi in uno studio di fatto dei capricci delle lenti, è stato stabilito che la caratteristica importante non è tanto ciò che si osserva ma piuttosto, come e sotto quali condizioni sono fatte le osservazioni.

Nonostante le dichiarazioni del contrario, l’astratta matematica e i loro competenti e meccanici aiuti e le guide, in nessun modo possono correggere la colpevolezza strutturale inerente alle lenti. Dimensioni e potenza di una lente non hanno niente a che fare con l’errore del principio della lente. Una lente da mille pollici non può eliminare l’errore, ma può e ingrandirà l’errore.

Dall’invidiabile osservazione da mille punti nella stratosfera, i “Cieli di Sopra” sarebbero osservati dovunque e ad ogni angolo di osservazione. Ogni area di cielo esterno luminosa oltre l’intera Terra, o quanto del cielo della Terra potrebbe essere rilevato, presenterebbe una vista dei “Cieli di Sopra”. L’apparenza terrestre non differisce in alcun modo dalle aree del cielo celeste osservate dal terrestre. Lo spostamento ritmico del movimento della luce all’interno di alcune aree di cielo esterno luminose del terrestre, presenterebbero anche le stesse caratteristiche sotto l’analisi dello spettro, come attualmente trovato nella luce delle aree di cielo celeste. E quell’attività corrispondente causerebbe l’apparenza che la “stella” dell’Est St. Louis, o qualche altra area di cielo terrestre, stia bruciando la sua orbita terrestre a un ritmo devastante. E sembrerebbe essere ingannevolmente circolare verso il nostro punto di osservazione nella stratosfera.

D’altra parte, potrebbe rapidamente apparire sfuggente dalla nostra posizione e lontano dalla sua location normale. L’apparenza dell’avvicinarsi o allontanarsi dipenderebbe dalla intensità  e dal movimento dei gas del cielo in quel particolare posto quando si esegue l’osservazione. Tale condizione apparirebbe ingannevolmente quando  infatti niente va da nessuna parte, sia verso o lontano dal nostro punto di osservazione nella stratosfera.

Alcune aree del cielo terrestre sembrerebbero sfarfallare o fluttuare. Il movimento di alcune aree sembrerebbe essere costante e perciò impercettibile come moto. Il movimento di altre sembrerebbe variabile. E la costanza o variabilità del movimento della luce del cielo terrestre corrisponderebbe a quello registrato dalle curve di luce, dalla luce delle aree del cielo celeste. Comunque, con la conoscenza fisica che possediamo del cielo della nostra Terra, nessuna persona ragionevole potrebbe mai ascrivere a tali movimenti della luce del cielo terrestre che l’astronomia interpreta da moti identici nella luce del cielo celeste.

La luminosità del cielo celeste e terrestre e i movimenti di tale luce, hanno un patrimonio in comune. Essi sono della stessa famiglia Universale. In più, uno è un continuo con l’altro come la circolazione del sangue del corpo umano che irrora il lato sinistro così come il lato destro, e perciò nutre il corpo intero.

L’astronomia matematica non ha, e non rileverà quell’ovvia continuità caratteristica dalle lenti e dalle cifre. Quella dote, essendo dell’Universo reale, non fu affidata all’incertezza delle cifre e dei simboli astratti. Anche se tali cifre e simboli sono dotati di precisione e positività, la dotazione si applica e ne beneficia solo nell’irreale Universo matematico.

Nell’analisi delle onde di luce dalle varie aree così dette “stelle”  dell’Universo, a volte sono stati osservati due spettri muoversi avanti e indietro. Essi prescrivono, o è stato loro prescritto, un ondeggiamento o movimento ondulatorio della luce del cielo sotto analisi. La conclusione dell’astronomo dev’essere che tale dualità di movimento presupponga entità duali in movimento. Non considera i movimenti attribuibili al gas del cielo. Se lo facesse, sarebbe autorizzato a considerare molti altri aspetti che questo libro contiene. Invece, quando l’esame spettroscopico conferma il moto duale, l’astronomo deve desumere che la conferma si sia avuta da due entità distinte, o “corpi”, mentre in realtà tutto ciò che gli occhi dell’astronomo, il telescopio e la fotocamera, lo spettro e lo spettroscopio, hanno sancito è che il moto duale sta avendo luogo nell’area della luce di cielo celeste.

Si dovrebbe inoltre notare che nessuna delle osservazioni e dei test hanno niente a che vedere con le aree del territorio dell’Universo sottostante la luce del cielo testato. Sono limitate alla determinazione del contenuto e dell’attività del cielo celeste. Sono impotenti ad affrontare l’esistenza del territorio sotto la luce del cielo. Anche se c’è terra sotto tutto il cielo terrestre e celeste, non c’è “corpo”  in movimento, per non dire due “corpi” separati in movimento. I gas sempre attivi del cielo, sono responsabili di tutti i movimenti rilevati. Altri fattori possono influenzare il ritratto del movimento che le lenti rilevano. Influenzano anche lo spettro.

Quindi non c’è niente di più formidabile che la mala interpretazione del movimento del gas del cielo che porta alla conclusione dei “binari spettroscopici” o “doppie stelle”, in questa istanza particolare dell’analisi della luce del cielo celeste. La dualità del moto del gas può esistere. Ma la dualità dei “corpi” non può mai esistere, per la ragione che non ci sono “corpi” celesti che abbiano moto.

Questo particolare aspetto astronomico è stato abbracciato dall’originale trattato Physical Continuum già nel 1927. Lì fu scoperto che ogni regione del cielo della Terra, attraverso il movimento inondante del contenuto gassoso, apparirebbe essere ingannevolmente circolare o rotatorio. Quell’affermazione del 1927 trova applicazione nell’intero Universo. Ha scontato lo spazio interstellare astronomico e il circolare o ellittico di desunti “corpi” isolati in ristrette orbite nello spazio. Le orbite sono sicuramente non richieste per i movimenti dei gas luminosi del cielo, oltre le aree di territorio che sono connesse attraverso l’Universo e non sono “circolari o ellittiche nello spazio”.

L’energia in movimento è limitata alle onde della variazione di lunghezza e intensità. Tutto della moderna impresa stabilisce quella caratteristica della legge naturale. E i gas attivi del cielo del terrestre e del celeste sono conformi al principio del movimento. Ciò che ingannevolmente sembra accadere dovrebbe essere noto come illusorio agli astronomi moderni. Dovrebbero poi essere in grado di scontare le condizioni celesti apparenti che si perpetuano e si allargano sulla primaria illusione sviluppata dalla funzione delle lenti.

Un’altra delle tante cifre straordinarie della confusione astro-matematica è quella che garantisce che il centro delle così dette “nebulose” sia composto di gas e che poi procede a matematizzare che tale gas è  formativo nella stratosfera come nucleo della materia “stellare”. Tale ribelle conclusione risulta dal fatto che le regioni centrali di alcune aree di cielo celeste sotto osservazione, sfidano la penetrazione e la dissipazione della loro luce dalle lenti più potenti. Quindi questi punti centrali concentrati sono matematizzati e desunti essere qualcosa di diverso e remoto dal resto dell’area del cielo.

Questa osservazione porta gli astronomi matematici alla soglia della ragione. Ma, ahimè, rifiutano di entrarci. Tale osservazione dovrebbe mostrare quella sostanza, che sembra ingannevolmente formativa nella stratosfera e alienata dall’area centrale del cielo luminoso, in movimento gassoso nell’area del cielo. In un caso di questo tipo l’astronomo arriva così vicino alla verità che fa paura realizzare come il suo equivoco dei valori richieda l’adesione alla premessa difettosa e abbandoni la verità così vistosamente presentata.

Sembra che qui sia stata menzionato qualcosa di pertinente circa mille anni fa dall’immortale Maestro di parabole, che pronunciò: “Nessuno è così cieco come chi non vuol vedere”.

Quella intensificazione della luce del cielo in alcune zone, celesti e terrestri, è una condizione molto naturale. Ed è relativa a ciò che segue. Come si guardano gli ammassi dei carboni luminosi del fuoco di una fornace, la zona del fuoco luminosa, sotto intenta osservazione, ad eccezione del centro,  può rompersi in formazioni visibili. Il centro, tenendo la forza concentrata del fuoco ed emettendo la luce più grande, deve sconfiggere ogni sforzo di vederlo come una vasta concentrazione di luce e calore impenetrabili. Né la sua luce può venire dissipata. Se l’osservatore di detto fuoco di fornace fosse ad una distanza sufficiente, e se non avesse esperienza diretta con un tale accumulo di luce e calore, sarebbe costretto a concludere che le aree del bordo della concentrazione del fuoco sono differenti nella sostanza e staccate dall’area centrale. Tale composizione dell’area centrale non sarebbe diversa dalla fiera materia visibile alle estremità di un così intenso luminoso centro. Ogni zona sarebbe continua con il centro.

Tuttavia, i calcoli astro-matematici sviluppano l’errore che la luminosità del centro, non suscettibile alla dissipazione delle lenti, sia di un modello diverso e sia isolato dalle estremità di quello stesso centro. In realtà, la concentrazione centrale di un’area di gas del cielo luminoso, porta  la stessa relazione al resto della luminosità del cielo rilevata, come il centro del fuoco della fornace è correlato alle estremità dell’accumulo del fuoco.

Il problema si risolve come segue. La massa del gas della luce centrale del cielo viene presto rilevata dalle lenti in proporzione di “stella”, mentre il contenuto straordinario della massa di gas proibisce la dissipazione delle lenti della luce del cielo. Di conseguenza, può esserci rilevamento delle  lenti e formazione di “stella” solo di quelle parti dell’area luminosa aventi meno concentrazione rispetto all’area centrale. Quindi il centro porta alla conclusione che si tratti di un “corpo” remoto. Il centro del fuoco della fornace invita alla stessa conclusione. Perciò l’intera area è una “nebulosa”. E in un Universo della realtà, ogni “nebulosa” non è altro che un aspetto del gas e della luce del cielo luminoso che si manifesta attraverso l’intero Universo.

L’aspetto affascinante delle formazioni nel cielo del movimento del gas, diventa una doppia caratteristica come abbiamo rivisto nella realizzazione della fotocamera del missile nel 1946. In quella occasione una formazione “nuvolosa” corrispondente, fu fotografata all’interno della regione del cielo luminoso sopra White Sands nel New Mexico. Fu anche erroneamente dichiarata una formazione nella stratosfera. Quindi se era una formazione della stratosfera, l’astronomo l’avrebbe considerata una “nebulosa”.

Ora può sembrare che sia accaduto qualcosa  alle cifre matematiche astratte dell’astronomo e ai simboli di distanza. E’ opportuno ricordare che una formazione simile ad una nuvola bianca fu sviluppata alla debole distanza di novanta miglia dal punto fotografico della stratosfera. Si dovrebbe anche ricordare che una “nebulosa” è la presunta sostanza matematico-astronomica che si suppone sia osservata solo a grandi distanze e a causa della distanza. Si è supposto che fosse la roba di cui sono fatte le “stelle”. Quindi le “stelle” sono state fatte nel nostro cortile di casa. Creazione Meravigliosa!

Si osservi ancora come gli astronomi si siano avvicinati pericolosamente alla risposta contenuta nella rilevazione telescopica della luce. Non vedranno ancora che la così detta “nebulosa” è parte del cielo celeste e terrestre e che la sua rilevazione in nessun posto è espressione della funzione del gas del cielo.

Poco importa se l’affermazione originale riguardante la foto stratosferica sia retratta. Si sostiene che un’area bianca nella foto sia una “nebulosa” nella stratosfera e che la macchia bianca è staccata dal resto della foto del cielo terrestre. Il fatto auto-evidente è che una tale formazione non può essere considerata remota dal resto dell’area di cielo, fotografata a una distanza di soli novanta miglia. Se fosse stata remota non sarebbe apparsa come parte della foto, come ha fatto.

Qualunque sia la determinazione fatta di quella macchia bianca nell’area di cielo luminosa sopra White Sands, essa richiede lo scarto di almeno il 50 % delle deduzioni astro-matematiche riguardanti la struttura dell’Universo e che cosa stia succedendo attraverso di esso. Quella che quella fotocamera del missile della U.S. Naval Research Bureau sviluppò, non può essere considerata simultaneamente “nebulosa” e “non nebulosa”. Non può rappresentare qualcosa di possibile nell’insondabile distanza e allo stesso tempo provare che esiste nelle aree di cielo terrestre lontano meno di un centinaio di miglia dal punto fotografico.

Mentre si è concluso che tali formazioni di gas nel cielo esistono solo a distanza ipotizzata, la mente non lo può cogliere, e mentre si desume che esse siano delle entità celesti non correlate allo sviluppo dei gas nel cielo terrestre, dev’essere accettata la conclusione astronomica che siano staccate dalle aree luminose celesti. Quindi sono state dichiarate indiscutibilmente  elementi dello “spazio interstellare” dell’astronomo. E con l’assunzione che siano contenute in quello spazio, piuttosto che nella luce celeste rilevata, si presume che siano costituite del materiale delle così dette “stelle”.

L’aspetto singolare di questa esposizione è che l’astronomo, concludendo che la sua così detta “nebulosa” stia costruendo materiale per le “stelle”, si muove in un percorso lungo secoli verso l’ammissione che la Continuità Fisica sia una realtà. Ma l’astronomo non sa che l’ha ammesso. Se la “nebulosa” dell’astronomo costruisce le “stelle”, è accumulazione di gas. E la Continuità Fisica mostra come gli accumuli di gas del cielo terrestre e celeste debbano sempre essere considerati “stelle” e “pianeti”. Comunque, l’incontro del corso della teoria astratta con il corso della realtà qui descritto, proverebbe  essere anche cosa semplice per l’astronomia complicata.

Qui si dovrebbe correlare che i primi interpreti dell’Universo prepararono le fondamenta per l’elaborato contesto astronomico che non avrebbe potuto anticipare in alcun modo lo sviluppo del missile e la sua sensazionale performance. Le foto della stratosfera della fotocamera hanno frantumato considerevolmente il tessuto astronomico suppositivo. E le foto della fotocamera del missile sono state responsabili per tale magnifica realizzazione, e hanno portato la realistica struttura più vicina al terrestre. Hanno anche accentuato il passo della conquista dell’universo dell’uomo moderno.

Nel precedente riferimento alla penetrazione delle lenti e alla dissipazione della concentrazione della luce del cielo celeste, la parola “penetrazione” implica solo l’abilità delle lenti di cogliere tale area luminosa allo scopo di registrarla. Si tratta di un caso di penetrazione  in una superficie luminosa ma non attraverso l’accumulo di luce di ogni area di cielo, celeste o terrestre. Non ci si può aspettare alcuna lente che penetri attraverso la luce del cielo alle distanze astruse congetturate dagli astro-matematici.

In particolare questo si applica quando è stato definitivamente dimostrato, dall’ascesa in atmosfera del 1931 e del 1935, e dalle foto della  fotocamera del missile dal 1946, che la luce del cielo non può essere penetrata attraverso ad una distanza inferiore a un miglio nel primo caso e a centonovanta miglia nell’ultimo caso.

Quindi la necessaria e spesso ripetuta descrizione della funzione delle lenti, dev’essere tenuta. Nessuna lente telescopica può penetrare attraverso il cielo celeste o terrestre e rilevare la terra sottostante. Se le lenti potessero farlo e se i loro ritrovamenti potessero poi penetrare certa sostanza interpretata, tutti i problemi celesti sarebbero stati risolti quando il primo telescopio fu modellato.

Questo account del fallimento dell'obiettivo a penetrare attraverso la luce, presuppone la mancanza di un’emulsione che penetra la luce, applicabile alla fotografia. Se c’è un mezzo applicabile al telescopio, esso rappresenta uno sviluppo davvero recente e sconosciuto a questo scrittore. Comunque, anche con l’applicazione di tale mezzo di penetrazione della luce alle lenti della fotocamera, l’area fotografata attraverso la luce dev’essere distorta, e l’uso del mezzo sarà presto rilevato dall’evidente distorsione della terra e del fogliame sulla superficie.

Il vantaggio più grande per l’umanità, oltre al segreto per superare la morte, sarebbe l’invenzione che potrebbe permettere l’osservazione telescopica di ciò che sta sotto ogni luce rilevata nell’universo su di noi. Allora questo volume non sarebbe necessario.

In quella che dovrebbe essere considerata una capitolazione alla ragione, è stata osservata la misura della penetrazione dentro, ma non attraverso, alla superficie della luce del cielo celeste, denominata astronomicamente “nebulosa M-31 in Andromeda”. Quella luce di cielo celeste ha già ricevuto qualche attenzione qui. Se la terra esiste sotto una tale area di cielo, non può esserci alcuna sua considerazione da parte dell’astronomia, che abbia a che fare solo con la superficie esterna del cielo. Sarebbe stata spiegata una storia molto diversa dall’astronomia se le lenti del telescopio avessero potuto penetrare la luce del cielo celeste, in particolare alle supposte distanze coinvolte.

Al punto del cielo celeste di cui sopra, gli astronomi matematici stimano un accumulo “nebulosa” pesante trecentocinquanta milioni di volte il peso matematico del Sole. Se si stravede per le cifre, queste dovrebbero essere impressionanti, anche se nessuna cifra di comparazione esiste per la luce o il Sole. Presentando tali cifre colossali , si asserisce che la massa “nebulosa” possa essere dissipata sotto l’ingrandimento delle lenti. Comunque, in questa istanza, il modo di dissipare merita una qualificazione. Nessuna area di gas del cielo viene dispersa dalle lenti, ma il fatto che sembri dissipazione è sufficiente a stabilire che le lenti telescopiche rilevano nient’altro che luminoso gas del cielo.

Questa dissipazione non implica in alcun modo penetrazione. Non è altro che una dissipazione superficiale paragonata alla dissipazione di un banco di nebbia impenetrabile  sperimentato sulla superficie della Terra. Se il banco di nebbia non viene penetrato dalle lenti ottiche, le sue aree esterne possono essere dissipate in varie maniere. Se il banco di nebbia potesse essere dissipato a nostro piacimento, non sarebbe impenetrabile. Se potesse essere dissipato nel vero senso della parola, potremmo vederci oltre. Perciò, non potremmo dire che la nebbia è stata penetrata.

Le lenti telescopiche non possono e non dissipano il gas del cielo per permetterne la penetrazione.
Fosse possibile, la terra sottostante il gas del cielo sarebbe rilevata. Ma visto che le conclusioni astronomiche non sembrano essere approssimate tanto ragionevolmente, perseguiremo qui la deduzione astronomica come farebbe l’astronomo:

1- Questa desunta massa “nebulosa” , che in realtà è una nuvola di gas del cielo sopra una zona di territorio celeste, è matematizzata come trecentocinquanta milioni di volte il peso e la massa sconosciuta del Sole, desunta conosciuta attraverso la stessa procedura matematica astratta.

2- E la luce di tale massa “nebulosa” può essere dissipata, ma non penetrata, oltre una distanza cosmica presunta di soli novecentomila anni luce. Questo impressionante astronomico anno luce, è la distanza che si presume percorra un raggio di luce nel corso del nostro anno di trecentosessantacinque giorni, mentre si muove alla velocità di 186.000 miglia ogni secondo di questo anno. Quella distanza annuale sono dei banali sei trilioni di miglia. Ora quella singola distanza dell’anno luce ha solo bisogno di essere moltiplicata per nove cento mila.

Se non è possibile concepire una frazione di tale distanza, si può ora facilmente realizzare con precisione come una lente di telescopio possa rilevare e dissipare la luce esistente a tale distanza. Si può anche capire pienamente perché le lenti non possano penetrare la luce del cielo celeste.

La cautela sembra dettare che non si possa tentare di visualizzare tale distanza o il modo per cui una lente di telescopio possa rilevare e dissipare la luce oltre una tale inconcepibile distanza, ancora manca della potenza per penetrarla. Se ci potesse essere una doppia, tripla o trilioni di volte tale inconcepibile distanza fino all’infinito, non c’è lente creata e nessuno che la potrebbe creare per rilevare la luce oltre una distanza matematizzata, come piccola frazione di un anno luce, per non dire di novecentomila anni luce.

Tali distanze non esistono per entità realistiche, in un mondo reale. Esistono solo in e per l’Universo astratto del matematico astrattista.

Un raggio di luce è il più concreto. Una lente di telescopio è un’entità realistica nonostante il suo inerente errore. E la funzione stabilita del raggio di luce e l’obiettivo del telescopio proibisce la fantastica performance prescritta  matematicamente. La proibizione è provata dal fatto che una lente è costretta dalla sua funzione a creare curve nel suo rilevamento della luce. E i raggi di luce sono costretti dalla loro funzione a ondeggiare e a curvarsi come la curva prodotta dalle lenti che li cerca per rilevarli. Le lenti non penetrano attraverso sei trilioni di miglia di spazio prima di sviluppare la curva; e il raggio di luce non viaggia a tale distanza senza curvarsi.

Il fattore della curvatura delle lenti proibisce la completa realizzazione del telescopio. E le determinazioni astratte sono state dettate attraverso il controllo di calcoli matematici astratti. Essi sono i soli arbitri della situazione, qualitativa e quantitativa.

E’ stato capace un competente di immaginare  la costruzione di una lente da telescopio tale da eliminare la  curvatura, e perciò permettere la penetrazione dell’inconcepibile infinito senza limiti, e da questo ragionamento sapere che quell’ infinito sia stato penetrato nella sua estensione senza limiti? Abbiamo garantito la capacità concettuale di conservare, dalla fine dello spazio-tempo di diversi simboli matematici all’infinito, quello che sarebbe stato il nome di ciò che si estenderebbe oltre i limiti finiti dell’infinità? A prescindere dalla denominazione, non  costituirebbe una continuità dell’infinito?

La mente umana cerca in modo ribelle di stabilire la fine, anche se deve sempre negare la conoscenza dell’inizio. La procedura vuota è paragonabile a un tentativo infelice di determinare il creatore del Creatore. Lo si potrebbe trovare, una volta che la mente avesse stabilito un potere antecedente e precedente al Creatore; il processo mentale di stabilire la Causa Prima per sostituire la denominazione mentale del creatore del Creatore, si svilupperebbe dentro una procedura futile e senza fine. E la mente nella sua ricerca si perderebbe.

Il tentativo finale dell’astro-matematica astratta abbatte lo scopo di tutto l’avanzamento educativo e della ricerca scientifica moderna. Il tentativo riflette la saggezza immatura del bambino che in una scuola domenicale in cui viene detto che Dio creò il mondo, gli venga impedito di chiedere “Chi ha fatto Dio?” Gli astro-matematici si precipitano a capofitto verso la fine elusiva dell’Universo matematicamente ordinato. Così facendo negano l’Universo della realtà a portata di mano. E in questa negazione chiedono che l’uomo moderno rinunci al suo diritto divino di conquistare e abitare l’universo risplendente su di noi.

Come il bambino che dovrebbe prima cercare di conoscere Dio e le sue abbondanti manifestazioni qui fuori, l’astro-matematico dovrebbe cercare di conoscere il significato delle manifestazioni cosmiche prima di tentare di trovare la fine dell’Universo. In qualche modo sembra essere molto glamour allegarsi al secondo percorso che è poco profondo e improduttivo. Nessuna parte del ritratto astronomico che abbia a che fare con la così detta “nebula M-31 in Andromeda” trova applicazione nell’Universo della realtà. Come l’astronomo lo presenta, il ritratto si applica nella sua interezza all’Universo irreale della matematica astratta.

La perdita di realismo nelle conclusioni astro-matematiche si può comprendere da ciò che segue. Se dal punto celeste più vicino, da San Francisco, Londra, Roma o qualunque altro punto terrestre, dove sia stato eretto un osservatorio astronomico fornito dell’identico equipaggiamento e le deduzioni astronomiche ora applicate all’osservazione del celeste, le conclusioni da raggiungere nelle osservazioni del terrestre si confronterebbero con le conclusioni presenti riguardanti il celeste. Le distanze stimate da quell’osservatorio celeste, alle aree luminose terrestri dovrebbero consentire al presunto spazio di esistere fra le aree del terrestre che sembrano isolate.  Il modello dello spazio immaginario ora applicabile ad una distanza influente stimata per le aree celesti, troverebbe applicazione identica al desunto “spazio interstellare” fra i “corpi” terrestri apparentemente isolati.

Il territorio della Terra non potrebbe mai essere visto come una singola unità nello spazio, ma solo come un equivoco popolare. La curvatura delle lenti inibisce ogni osservazione da tale distanza. Così la curvatura delle lenti richiede che la Terra venga vista come il “corpo” multiplo globulare e isolato ingannevolmente organizzato per il celeste. L'assurdità della stima astronomica della massa di gas del cielo in quell’area che l’astronomo conosce come “nebulosa M-31 in Andromeda”  sarebbe stabilita da sembianze corrispondenti in aree del cielo terrestre. L’apparente massa di gas di almeno un’area dell’intera superficie del cielo esterno della Terra sarebbe stata trovata presentare la stessa sembianza dell’area conosciuta come “nebulosa M-31 in Andromeda” e se il suo peso presunto fosse stato confrontato con la desunta massa del Sole, le cifre applicate sulla condizione di Andromeda troverebbe l’applicazione equivalente nel mondo delle cifre.

Inoltre, le distanze inconcepibili coinvolte nel rilevamento della luce del cielo di Andromeda dovrebbero applicarsi alle aree conosciute del cielo terrestre lontane solo un migliaio di miglia dal punto di osservazione. I fattori finora descritti, in particolare il desunto fattore spazio, permetterebbe i calcoli più astrusi nella descrizione delle distanze.

Abbiamo stabilito ad un’altitudine di diecimila miglia nella stratosfera, un orizzonte terrestre   immaginario come misura base attraverso le nostre aree di cielo terrestri, che sarebbe stato considerato rappresentare l’area della “stella” terrestre secondo la formula base di Herschel per le aree di cielo celeste. Sarebbe stato così formato un “sistema galattico” terrestre in accordo con il “sistema galattico” celeste presente dell’ordine astronomico. Esso abbraccerebbe le aree del cielo terrestre ad una estensione matematicamente designata in tutte le direzioni lontano dal “piano galattico” terrestre.

Ora, si dovrebbe comprendere che le distanze attualmente registrate, dal “piano galattico” celeste all’estensione più grande del rilevamento del cielo celeste, sono attributi puramente della formula matematica. Sono i più irreali.

Allora, in applicazione del consueto metro astronomico, le distanze attualmente conosciute e reali dal “piano galattico” terrestre fino ai più remoti punti del cielo terrestre, richiederebbero l’identica astrusa distanza considerata applicabile ai punti del cielo celeste rilevati, al di là di una distanza data dal “piano galattico” celeste, o linea.

I punti del cielo di un’area terrestre conosciuta di dodicimila miglia, che rappresentano una metà della circonferenza determinata della Terra, dovrebbero essere considerati milioni di miglia lontani dalla linea di divisione terrestre e dal punto di osservazione lontano solo diecimila miglia. L’osservazione che è stata fatta dal punto celeste della Luna, a trecentomila miglia di lontananza dal terrestre, i punti del cielo terrestre più remoti dal “piano galattico” terrestre, dovrebbero essere ogni numero di anni luce lontano dal punto di osservazione. Questa considerazione puramente matematica per un Universo matematico, si applicherebbe nonostante i punti più remoti del cielo terrestre siano in realtà abbracciati dalla circonferenza conosciuta della Terra di ventiquattromila miglia.

Queste conclusioni assurde, in applicazione al conformarsi terrestre alle conclusioni astronomiche, riguardano il celeste. E il più grande contributor a quest’assurdità è il desunto spazio fra tutti i punti del cielo terrestre rilevati dal “piano galattico” terrestre, fino agli orizzonti terrestri più lontani. Se sappiamo che il cielo terrestre è un continuo e senza spazio come il territorio terrestre sottostante, lo spazio illusorio sarebbe un fattore importante che causa l’allargamento della distanza ad un’estensione incalcolabile.

In congiunzione con lo spazio illusorio del cielo terrestre, l’espansione del gas del cielo terrestre, la contrazione e la radiazione della luce del cielo, e l’illusione addizionale imposta, contribuirebbero allo stesso modo ad un modello di distanza irreale, corrispondente a quella ordinata astronomicamente per il celeste. La velocità della luce attraverso il mezzo più realistico dell’infinita oscurità perpetua, così opposta alla velocità della luce desunta dagli abili nonché artificiosi, esperimenti dell’uomo a livello del mare, è un altro fattore.

Quelli e altri numerosi elementi puramente tecnici ma estremamente importanti, sono gli agenti influenti nella compilazione dei dati astronomici che non hanno alcuna applicazione alla realtà del celeste. La loro influenza si estende al terrestre e alle manifestazioni naturali del cielo terrestre. Essi devono essere anche fraintesi attraverso l’abbandono dell’illusorio.

Le comparazioni celesti e terrestri, hanno ora dimostrato di essere merito del risultato delle ascensioni in stratosfera e dei voli del missile, concesse qui come espressione tempestiva.

Esse mostrano le formazioni del cielo terrestre e gli inganni già incontrati nelle foto in stratosfera delle aree di cielo luminose terrestri. Tali foto attestano la Continuità Fisica non meno dell’estensione continua della terra, al di là della teoria dei “limiti” del Polo Nord e del Polo Sud della Terra. Una caratteristica completa l’altra. Ed insieme contribuiscono allo sviluppo di un nuovo ed effettivo ritratto dell’universo su di noi.

Anche il poco pubblicizzato ritratto radar di una sostanziale area del cielo celeste, contribuisce al ritratto dell’Universo. E tali caratteristiche, collettivamente, stabiliscono al di là di ogni dubbio che il modello realistico dell’Universo è diametralmente opposto a quello sviluppato dalle secolari deduzioni astro-matematiche.

Se si trova difficile accettare questi dictums della Continuità Fisica, nonostante le prove fisiche che li sostengono, si dovrebbe considerare ciò che segue. Nella mente di un bambino si possono fissare le caratteristiche deludenti della “Favola della Cicogna”. Il bambino, mancando della conoscenza della procreazione, deve aggrapparsi a quella favola affascinante. La fiaba deve prevalere, se la mente del bambino non è sufficientemente sviluppata per comprendere il significato della riproduzione, coi suoi passi successivi della trasmissione delle cellule, lo sviluppo del feto, etc. La mente del bambino può anche acquisire i termini accettati descrittivi della nascita. Il bambino può essere in grado di esprimere le parole sesso, nato, neonato, crescita, etc. Può anche testimoniare il momento di una nascita. Finchè la mente immatura è dominata dall’immagine di un uccello dalle gambe lunghe che consegna i bambini, può contemplare un milione di bambini e rimanere nell’ignoranza di come siano arrivati.

Quella mente di bambino non differisce dalla mente non sviluppata di un adulto. Se la mente dell’adulto sa per certo come i bambini vengono consegnati, può rimanere chiusa come la mente del bambino riguardo altre caratteristiche della vita e dell’universo.  Ciò che non regge il concetto è oltre i limiti del possibile, sia per il bambino che per l’adulto.

Com’è con la mente del bambino, così è con quella dell’astronomo, che esprime le parole curvatura, ondeggiante, piegatura, fluttuante, e ondulato. Dovrebbero permettere un'ampia conoscenza di quella energia creativa al lavoro che non è un circolare. E dovrebbero essere una chiave per comprendere che i globi o sfere non comprendono il celeste o il terrestre. Ancora, nonostante l’osservazione più ampia dell’astronomo e i più approfonditi calcoli delle aree luminose gassose  del cielo celeste in movimento, ess gli richiedono che la massa non vista dei “corpi” stia prescrivendo tutto il movimento, e il movimento errato.

Al bambino non sviluppato potrebbero essere mostrate immagini realistiche della consegna dei bambini e, attraverso la dominazione della favola, potrebbe rimanere ignorante della realtà. Così è con l’astronomo che, vedendo prove fisiche alla mano della fallacia dei “corpi isolati”, persiste nell’aggrapparsi alla “stella” e al “pianeta” della favola. E fa ogni sforzo per adattarsi alle prove con le quali è stato cullato da un mondo della realtà nel mondo delle illusioni. L’illusorio deve essere preservato ad ogni costo. E’ la verità dell’astronomo.

Non c’è una caratteristica dell’osservazione telescopica e fotografica, e dell’analisi allo spettro, considerata applicabile all’universo su di noi che non si applichi con eguale forza e volume a test corrispondenti della superficie del cielo esterno luminoso della Terra. Ancora… l’impresa moderna ha stabilito che tali caratteristiche assurde sono puramente illusorie. E non le applica.

Tutte le fantastiche entità desunte esistere attraverso le aree di cielo luminose celesti, sembrano esistere come da  osservazione e analisi del costante spostamento dei gas del cielo della Terra. E non si deve mai scordare che tutte le osservazioni, le analisi, e le conclusioni risultanti sono applicate solo all’energia dei gas del cielo delle aree celesti e terrestri. Non c’è applicazione alcuna alla terra sotto tali aree di cielo.

L’agenzia cosmica che contribuisce ai molti ingannevoli movimenti della minore e della maggior parte delle aree luminose del cielo, è responsabile per gli spostamenti, fluttuazioni e ondulazioni della luce. E perciò governa indirettamente le risultanti formazioni grottesche così ingannevoli per l’osservatore. Quell’agenzia cosmica e forza creativa, al di là dell’abbraccio astronomico, è l’attività del raggio cosmico. Esso bombarda costantemente ogni area di cielo esterno dell’intero Universo. I raggi non hanno un modello direzionale. Non sono limitati a nessun corso o canale nel loro movimento incessante attraverso il regno infinito dell’oscurità, del quale è parte la nostra immediata stratosfera.

Seminati dal Piantatore Maestro, sono cosparsi dagli impenetrabili crateri del Sole apparentemente alla rinfusa. E in tale apparente non conformità a un modello, definiscono il modello più profondo e creativo. Muovendosi immuni dalle leggi fatte dall’uomo applicate all’Universo, essi sono affiliati alle ricettive aree di cielo esterno dovunque nel percorso celeste e terrestre. Essi alimentano un’area di cielo e ne sovralimentano un’altra con la loro forza magnetica. Come la loro forza è concentrata in una particolare area di cielo del celeste o del terrestre, si sviluppa in quell’area un’accentuazione senza precedenti del consueto movimento  che stordisce gli osservatori lontani. In altre aree di cielo e allo stesso tempo, la dispensa di quella energia solare creativa rimane stabile in un equilibrio perfetto dell’intero cielo dell’Universo. Ma la concentrazione della forza su di un’area di cielo esercita un’influenza misurabile alle aree del cielo vicine.

Quindi viene prodotta per l’ammaliante mente del mortale una serie unica di movimenti nelle regioni del cielo luminoso sotto osservazione. Ma se tali movimenti sono reali o immaginati, sono sempre movimenti del cielo. Non sono mai movimenti realistici della terra, che, anche se non vista, è sempre presente sotto la luce del cielo.

La ragione detta che non si deve erigere un tetto senza che ci sia una casa sotto. Il tetto è il mezzo che protegge tutti i muri o la struttura concreta sottostante. Il tetto è simbolo della struttura. E le ingrandite ma ingannevoli luci dell’osservazione astronomica e la registrazione, sono aree del tetto creativo che non può essere visto come un muro collettivo e continuo per le ragioni qui spiegate. Il nostro cielo terrestre copre la nostra stanza della Casa Universale allo stesso modo in cui ogni cosiddetta “stella” e “pianeta” copre le stanze celesti senza fine della stessa casa. Il nostro cielo, in comune con tutti i cieli celesti, non può essere osservato come una unità connessa. Allo stesso modo presenta ai lontani osservatori, l’identico modello della variazione della luminosità e movimento che osserviamo del cielo celeste. L’astronomo esprime quell’immaginaria variazione di luce del cielo della stanza celeste, come “magnitudine della stella”. E quel termine è sinonimo con “intensità della luce del cielo”.

Quell’attività causativa, della quale è stato imparato così poco, esegue altre meraviglie implicate dal memorabile annuncio del compianto Dr. Robert Andrews  Millikan: “La Forza Creativa della Vita è al lavoro attraverso l’intero Universo”. Ma le meraviglie di quella Forza al lavoro non sono state determinate dalle cifre astratte e dai simboli delle cifre.
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